L’Ashtanga Vinyasa Yoga

Allungare nelle posture


Nell’Ashtanga Vinyasa Yoga le posture da eseguire sono molte e la pratica è molto esigente nel senso che, negare , soprattutto all’inizio, la necessità di uno sforzo fisico sarebbe una bugia.

E’ comunque grazie allo sforzo unito al movimento e al pranayama unito ai bandha che si produce nel corpo un calore intenso che permette ai muscoli di essere più morbidi ed elastici.

Ci si scalda facilmente già dopo i dieci Surya Namaskara (cinque del primo tipo e cinque del secondo). Estendere diventa più facile e respirando profondamente l’elasticità aumenta postura dopo postura.

In questa “danza” è importante mantenere un atteggiamento di equilibrio, di ascolto attento e anche di auto ironia.

Può succedere che ci si sorprenda nel pretendere dai nostri muscoli e dal nostro corpo di raggiungere l’alluce del piede o di afferrare il polso. Si comincia a forzare l’allungamento e mentre si forza ci si contrae, ci si irrigidisce, a volte si prova dolore.

Davanti al nostro ego che cerca risultati non si può che sorridere, perdonare e andare avanti con amorevolezza cercando di rilassarci nel movimento di estensione.

Tramite la nostra esperienza si comprende con facilità e velocità quanto l’allungare significhi abbandonare, rilassarsi per prendere spazio.

Durante la pratica per ogni allungamento in una direzione, proprio come un albero, ci si radica e ci si estende nella direzione opposta.

Un esempio: in Virabhadrasana A, durante l'esecuzione della postura, tutto il busto e le braccia si estendono verso l'alto, mentre la spinta delle gambe è verso terra e per evidenziarla immaginiamo che dai piedi partano delle radici che penetrano nel terreno.

Questo principio viene applicato a tutte le posture persino nel Samasthitih ( Tadasana), posizione di partenza e di chiusura di ogni Vinyasa.

Chi pratica Ashtanga Vinyasa Yoga sa bene che nell’eseguire un’asana non ci può essere un allungamento di una parte del corpo senza la relativa contrazione.

Osservare come lavorano le gambe mentre ci si estende con il busto in avanti nell’eseguire Paschimattanasana , significa sentire i muscoli quadricipiti che si accorciano, si contraggono spontaneamente, mentre i bicipiti femorali necessariamente si estendono. Ciò si ripete ogni attimo della nostra esistenza, non solo nel praticare Yoga, ma basta un minimo sbilanciamento del busto in avanti , un piegamento (estensione) laterale…basta osservare come batte il cuore, come i polmoni continuano a muoversi durante la respirazione, anche in quella che noi chiamiamo “completa immobilità del corpo” durante la meditazione.

Se parliamo di Vayus osserviamo quindi come Prana Vayu ed Apana Vayu si muovono insieme, sono lo Yin e lo Yang nella tradizione Cinese e Giapponese.

Così come il sorgere del sole non può esistere senza il calare della luna, così contrazione ed estensione sono come amanti inseparabili.

Per quanto riguarda la possibilità e la capacità di estendere il corpo nella postura (quindi, muscoli, nervi,tendini…) l’altro elemento fondamentale per chi pratica questo tipo di Yoga è la frequenza della pratica.

Nella forma tradizionale si pratica sei giorni la settimana per riposare il sabato.

Ascoltando e vivendo il corpo nella pratica sappiamo che tutto continuamente cambia e si muove e che giorno dopo giorno i muscoli si allungano e il corpo si allinea.

Non importa quando realizzeremo l’asana nella sua forma finale, abbiamo tutta la vita davanti per praticare… C’è un’estensione di prospettive, ci si abitua ad avere pazienza con il nostro corpo e con noi stessi.

Ogni postura ha un suo percorso, in questo senso ci si “estende”, nel rispetto delle nostre possibilità, verso la sua esecuzione perfetta che contiene una chiave di apertura fisica ed energetica . Ma come la ghirlanda (mala) è composta di fiori ognuno indispensabile per comporla, non ci si focalizza eccessivamente sulle singole posture e l’esperienza di pratica con i suoi benefici è data dall’insieme del “tutto” che con il suo calore prodotto continua a bruciare gli effetti del nostro samskara.

Un ruolo particolare nell’allungamento del corpo o degli arti nelle varie posture è quello dell’insegnante.

Quante volte si chiede all’insegnante una “spinta” per allungarsi meglio o si ringrazia dopo averla ricevuta!

Come detto in precedenza ci si accorge che ogni postura è un mondo a sé e che non contiene solamente l’allungamento e la contrazione, ma anche rotazione , torsione..

Come supporto all’esecuzione della postura interviene così l’insegnante che, con la sua “arte di aggiustare” aiuta l’allievo a comprendere la natura e il funzionamento dell’asana e lo accompagna nei movimenti per entrare o uscire da essa.

Ogni asana ha il suo aggiustamento e quindi si interviene anche nel movimento di allungamento.

Per poter fare questo, colui che aggiusta deve conoscere bene la postura, deve aver ricevuto lui stesso un’ infinità di aggiustamenti e comunque ciò non basta.

L’esperienza necessita di un completo ascolto del corpo di colui che riceve l’aggiustamento, di un’ empatia con esso e soprattutto di una sensibilità che permette di percepire i limiti e le possibilità di movimento.

E’ per primo l’insegnante che deve essersi liberato di un atteggiamento competitivo, è lui che deve aver chiara l’inutilità di un’identificazione della propria mente con l’asana stessa.

Privata dei suoi contenuti la pratica diventa una bella ed efficace ginnastica, arricchita di competizione può farci diventare aggressivi come animali chiusi in gabbia.

L’ aggiustamento, visto dall’esterno, potrebbe sembrare un gesto che sviluppa un’ “estensione dell’ego” dell’allievo nell’estendere il corpo verso la postura, ma in realtà serve a permettere a colui che lo riceve di vivere la postura in modo completamente rilassato, senza sforzo muscolare, mentre l’insegnante diventa come uno strumento, con le sue mani piene di sensibilità e di amore, attento soprattutto nel sentire quanto e come spingere.

Ricevere un aggiustamento richiede all’allievo una completa fiducia in colui che lo “aggiusta”, la fiducia permette di rilassarsi passivamente, di ammorbidirsi, mentre l’intelligenza del corpo memorizza il movimento.